venerdì 31 maggio 2013

The Incredulous Eyes – Here’s The Tempo (Recensione)

State cercando per caso un pizzico di arte cinetica su un corpo rock dalle mille tentacolarità e magari con intuizioni a zuppo negli anni Sessanta, Settanta o giù di lì, in poche parole volete essere assaliti una volta tanto da vertigini psicotrope e starvene per un pugno di minuti a galleggiare o boccheggiare a seconda dei casi o di come vi prende? Ben arrivati nei contorsionismi elettrici dei The Incredulous Eyes, band abruzzese che con “Here’s The Tempo” rappresenta i multipli sonici del rock e rinvia indietro i giochi formali di certe estetiche, un disco di dodici tracce che pulsa, lampeggia, batte e vibra per tutta la durata della sua bella fuga.

Disco di svariati layout sonori, una percezione benemeritamente disturbata con i sensi elettrici attratti verso l’infinito, rock, folky “Dream On”, sperimentazioni progressive, scatti, tumulti distorti, ZappaI Saw My Hero”, “OddityCaptain Beefheart e linguaggi Hendrixiani “The Fisherman”, “Not Moving” che si rincorrono e mantengono un ritmo quasi astratto se non fosse per la reale forza che ti arriva attraverso i woofer in perenne eccitazione membranica, dodici chiavi di lettura che stordiscono in un piacere da percorrere da cima a fondo; una tracklist in forte movimento, ovunque e sempre, fuori o dentro contesti che potrebbero anche sembrare allusivi o quantomeno dispersivi, ma è qui che il significato “perdere orientamento” assume i suoi toni specifici e tutta la sua travolgente bellezza, galleggiare e ancora galleggiare in un limbo di estetiche e tonalità psicotrope per imbellettare cuore e anima.


La formazione non ha un percorso cronologico nelle loro stesure, occupa uno e più spazi in cui colloca la sua propulsione a sbalordire, trasforma i minuti di ascolto in veri e propri viaggi a zig zag come in un balance impazzito, stati agitati e calme sulfuree si alternano senza mai creare un vuoto o un minimalismo strutturale, il tempo da loro dipinto è straniante, una corsa immaginaria che da forma e corpo a pads notevoli come la carica bluesy che urla in “Fragile Present”, tra le nebbie liquide e nicotiniche di “The Edge Of The Shore” fino all’approccio notturno e formidabile della pensante “Still Dreaming”, pianoforte e poesia in solitaria da pelle d’oca.

Un disco da luci al neon e bottiglie scolate, un mettersi all’ingiù e sbirciare le forme attrattive di una band come poche in giro.


Voto: ◆◆◆
Label: Furt Core Records 


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