lunedì 28 novembre 2011

Cyber society - The visible spectrum (Recensione)

Cyber society - The visible spectrumTra l'ascolto di un disco e dell'altro in un periodo ricco di uscite effervescenti più o meno positive, mi capita questo lavoro dei Cyber Society che mi incuriosisce già dal monicker, essendo un appassionato di queste tematiche, e pensare che sono un duo italiano formato da Francesco "Unix" Beltramini e da Tiziano Zattera, due veronesi che hanno compiuto studi approfonditi sulla musica elettronica, e questo sul disco si sente. La proposta musicale ricorda troppe cose, troppi nomi e troppe scene musicali che insieme confluiscono nell'ampio spettro della musica elettronica, e quindi, per evitare di tediare, eviterò discorsi su nomi e su dischi vari ed eventuali ai quali i due, secondo il mio parere, hanno attinto per creare qualcosa che si situa fuori dal tempo, oltre il tempo, in direzione di una Cyber-Società che è stata preannunciata da artisti diversi ma non troppo. Come detto non esiste un unico stile, esiste però un filo rosso che lega indissolubilmente tra loro le parti del discorso. Molti hanno parlato di ritorno ad una elettronica spaziale, altri li hanno catalogati nell'alveo di coloro che sono dediti a creare colonne sonore per film di fantascienza. Chi scrive non è d'accordo con nessuna delle due argomentazioni. Qui si vuole proporre una terza via. Eliminiamo i concetti di minimalismo, elettronica spaziale, O.S.T. Sci-Fi e diavolerie varie, perchè non sono i migliori paragoni per esprimere qualcosa che si pone al di fuori della tradizione di questi anni e che, per questo e per molti altri motivi, rende il disco in questione uno dei prodotti migliori di questi mesi, soprattutto considerando che ci troviamo di fronte ad una produzione italianissima. Il duo dimostra di possedere un ottimo retroterra nell'elettronica più sperimentale e non solo in quella dei maestri degli anni '70 come Klaus Schulze e i Tangerine Dream, quanto soprattutto nella musica industriale e nell'EBM. D'altronde la magistrale opener Another World inizia con dei synth che ricordano l'harsh e che ben presto si sviluppano tra un'elettronica caratterizzata dal forte breakbeat e allo stesso tempo tra qualcosa di molto simile ai primi dischi degli Haujobb, da Homes and gardens a Solutions for a small planet... quello che colpisce veramente è la scelta di utilizzare dei synth e delle atmosfere geniali, retrò e surreali, ai confini della realtà, di una Cyber-Realtà, scandita dai ritmi della utopia-distopia virtuale che qui ritroviamo in una versione old school. C12H17N204P muta le coordinate verso qualcosa di più cerebrale e tradizionale, "melodico" e lineare, sul quale si innesta un loop ipnotico che a sua volta lascia il posto al ritorno di una sezione fortemente retrò degna dei migliori act electro-industrial. Free Tibet si sposta sull'elettronica ambientale in un pezzo in bilico tra il fisico e il digitale, tra il sogno del Neuromancer e la realtà di una terra lontana e immaginifica. Il primo volo, costituito di due parti, si sposta verso lidi old space riletti in chiave trance, due pezzi ambientali anni '90 in stile The Orb che trasportano verso lo stream of consciousness, nel quale fa capolino il vecchio lavoro dei Future sound of London. Sinfonia (Preludio) introduce, con la simulazione di una camminata, la seconda parte (Elettronica Contemporanea) che ha tutto il sapore di una marcia verso un futuro ignoto, verso un Brave new world del quale è possibile intuire le dinamiche dicotomiche. Ancora una volta il tutto è piacevolmente old school, lontano anni luce dai post-minimalismi elettronici attuali, a dimostrazione che il "vecchio" sa ancora esprimere una visionarietà sconosciuta al "nuovo". Hermes affronta nuovamente un'elettronica più pura, fisica e digitale allo stesso tempo, una lunga suite che si perde su un arpeggio infinito e fluttuante. Trismegisto va sullo sperimentale puro sviluppando una digressione vicina ai Kraftwerk di 1, 2 e Ralf & Florian e allo stesso tempo immersa in un tappeto di strumenti a fiato. In chiusura, Musicogeny prende di petto i Chemical Brothers di We are the night, li rallenta, ne sperimentalizza ulteriormente la formula e trasforma il tutto in un brano lungo, etereo e sognante. Non è difficile parlare di questo lavoro come di un pezzo unico che vuole esprimere un'unica idea. Nonostante risulti complesso verrà apprezzato ad un livello diverso da qualsiasi tipo di pubblico e verrà riconosciuto come un grande disco di questo 2011 che ci ha lasciato non poche sorprese. Ascoltatelo di notte in cuffia.

Voto: ◆◆◆
Label: Tannen records


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