lunedì 22 dicembre 2014

Babel - Resta un pizzico di delusione nella delusione (Recensione)

Repetita iuvant. Togliamo pure il "sed secant", per l'occasione. Il rock non è morto, signori miei, togliamocelo
dalla testa una volta per tutte. Non ricordo celebrazioni di nessunissima sorta, nè tantomeno messe di requiem. Avrei
presenziato.

"Resta un pizzico di delusione nella delusione" è un disco rock che più rock non si può. E' addirittura palese la voglia di contribuire alla sua evoluzione, rivisitandolo ed arricchendolo con episodi ritmici sincopati, a volte molto intriganti, quasi inusuali considerando il contesto di applicazione
("In tre", "L'uomo migliore") e registri stilistici, vocali e chitarristici, estremamente variegati.
"La sorpresa" costituisce davvero la sorpresa dell'intero disco, riportandoci alla memoria i Rage Against The Machine più vividi con un ritornello carico di adrenalina dall'incedere terrificante e dimostrandoci come la voce di Yuri La Cava sia molto più efficace nelle parti più rabbiose e sostenute piuttosto che in quelle più soffici. Fa lo stesso la title track, solo con un approccio molto più diretto, molto più "metal". La già citata "L'uomo migliore", invece, arranca in un principio povero di verve per poi riprendersi prepotentemente la scena grazie ad un finale di grande intensità, ai limiti dello screamo.
Desta rammarico, inoltre, la costruzione della tracklist che poteva e doveva essere articolata meglio. Tralasciando "Giovane e bella" (tipico intermezzo spartiacque da metà disco, molto bella ma non al suo posto) il rimpianto maggiore è quella fantastica tripletta di chiusura costituita da "D.", "Leuven" e "I soldi fanno la ricchezza" che meglio condensa tutta la poetica del lavoro. Pezzi che farebbero impallidire i migliori Porcupine Tree relegati semplicemente troppo in fondo. Linee vocali incisive come poche altre (eccezion fatta per la seconda, una splendida cavalcata strumentale, lenta al punto giusto) sorrette da chitarre che pascolano indisturbate in tutto l'universo rock, dallo space più limpido fino al duro e granitico hard.

Resta un pizzico di delusione nella freschezza di un lavoro che inietta nuova linfa nel movimento underground italiano.
Teniamoli d'occhio.

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Autoprodotto

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