lunedì 4 marzo 2013

Simona Gretchen – Post-Krieg (Recensione)


È nelle epoche di decadenza che le polarizzazioni affiorano e si manifestano come contrasti: la vicenda di Eliogabalo descritta da Artaud è un processo di sovvertimento della Storia, finalizzato al ritorno all’Unità primigenia e al Caos dell’Indifferenziato, tramite la pratica di una ritualità invertita in cui realizzare sino all’incarnazione l’identità dei contrari.
Nell’uniformità formale Simona Gretchen incanala la dinamica del conflitto, abbracciando la ripetitività gestuale del rito nella scelta del Do minore quale unica tonalità; la compattezza sonora è l’archetipo primitivo entro cui riportare a sintesi una tensione dilaniata, come nell’oscuro cullare plasmato dalla reiterazione della title-track.

Emotivamente prostrante e concettualmente gravido, Post-Krieg si sorregge su una scrittura capace di sviscerare il sommerso a nervi scoperti e tessuti esposti,  condannata all’esattezza della logica e al rigore del linguaggio. La forma espressiva aforistica, lucida e mai retorica, è tradotta in un’essenzialità che distingue il suono in micro-storie: la lenta erosione di "Hydrophobia" è cadenzata da impulsi improvvisi di espansione arazionale, mentre in "Pro(e)vocation" la corsa ritmica si affanna per poi rallentare consapevolmente, forgiando una dialogicità antitetica alla sospettata autoreferenzialità della comunicazione. L’inquietudine, assunta intenzionalmente quale substrato d’esistenza, elegge la transizione a forma di vita, di fronte alla tensione della dispersione che dilania l’unità dell’autocoscienza: l’autoestraniazione, sistematicamente attuata nella tetra filastrocca kraut di "Everted (part I)" come eco smarrita della voce, viene scortata in uno straniamento cinematografico dagli archi di Nicola Manzan in "Everted (part II)". L’ultima tappa del processo di distacco si compie nell’intreccio paranoico di voci e nell’incedere claudicante di "Everted (part III)", in cui lo stesso percorso espressivo viene infine sottoposto a disgregazione e ridotto a evocazione che scivola sperduta.

Il sacrificio annunciato di Gretchen, proiezione dell’anelito faustiano al dominio sulla materia, si compie con quest’ultima opera per mano dell’artista Simona: nelle vesti del Faust artefice potente, decreta la fine dell’eroina tragica con un requiem di straordinaria compiutezza, che annichilisce le velleità del contemporaneo cantautorato, divenuto sostanza volatile di fronte a questo singolare testamento artistico.

Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Blinde Proteus/Disco Dada

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