mercoledì 13 febbraio 2013

Oslo Tapes - un cuore in pasto a pesci con teste di cane - (Recensione)

In un passato/presente è accaduto qualcosa che molti speravano, ma che in pochi pensavano potesse accadere. Marco Campitelli già frontman dei The Marigold, mette insieme da bravo “Stalker” (celeberrima guida per vocazione non per scelta), con la preziosa collaborazione e produzione di Amaury Cambuzat (Ulan Bator e Faust), alcuni musicisti già legati al roster dell’etichetta abruzzese De Ambula Records con altri, legati non solo da una significativa amicizia, ma accumunati anche dalla grande voglia di mettere in musica visionari luoghi incantati.

Nasce cosi il progetto Oslo Tapes, quattro giorni di registrazione per il loro primo album e tanti nomi (tra cui Manzan, Valenti, D’Elia, Angelucci), che visti in un sol colpo rendono già l’idea di ciò che sarà l’ascolto del loro lavoro. Un viaggio all’interno di una “zona” proibita e misteriosa, che ha nel suo cuore molteplici identità, ognuna delle quali regalerà di sicuro spunti di riflessione per condurci alla ricercata complessità emotiva, qualora esista.

Undici tracce caratterizzate da un alone onirico, avvolte da una nebbia che a poco a poco si dirada per lasciare spazio alla nitida visione di un finale quasi sempre sinistro, ad eccezione dell’unica ballad delle undici Distanze, che con il suo candido incedere tra melodiose chitarre riesce a cambiare la visione dell’intero paesaggio.
Album che, nonostante presenti i dualismi impulsività/riflessione, spirito/materia, evidenziati da tracce come “Imprinting” e “Attraversando” nella parte iniziale, dove il rock sembra rappresentare l’essenza che riesce a dominare anche se non si è coscienti, e poi da intime tracce come Elogio e Crocefissione Privée, può essere piacevolmente ascoltato anche in modalità  shuffle, grazie all’alternarsi dei componenti che non cadono mai nella noia.
Riescono anzi a tenere l’ascoltatore legato ad una speranza di trovare tra le diverse visioni/versioni la giusta, che più possa appartenergli, la più sperimentale o la più dolce, quella insomma che riesca a sprigionare una forza magica capace di esaudire i desideri di chi, consapevole di attraversare qualcosa di unico, arriva fino alla fine. 

Intento del gruppo e del suo “stalker” è dunque riuscito, un’ora circa di avant-rock che appare quasi un pretesto per parlare delle fragilità umane, canzoni che sono luoghi dove ognuno ha il dovere di lottare con il Bene e il Male, affinché il Bene vinca (con l’ascolto ovviamente) e noi ci si arricchisca spiritualmente. Tarkovsky docet.

Voto : ◆◆◆◆◇
Label : DeAmbula Records - Acid Cobra Records - Dischi Bervisti – Overdrive – DreamingGorillaRecords - Atelier Sonique



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