mercoledì 28 marzo 2012

Nobraino - Disco d'Oro (Recensione)

Nobraino - Disco d'Oro“Tutto era pieno, tutto era in atto, non c'era intervallo, tutto, perfino il più impercettibile sussulto, era fatto con un po' d'esistenza. E tutti questi esistenti che si affaccendavano attorno all'albero non venivano da nessun posto e non andavano in nessun posto. Di colpo esistevano, e poi, di colpo non esistevano più: l'esistenza è senza memoria; di ciò che scompare non conserva nulla — nemmeno un ricordo” ( J-P. Sartre, La Nausea ).

Sartre diceva che la nostra vita era una strana storia di esistenza, in cui ogni cosa esistente nasce senza ragione, si protae per debolezza e muore per combinazione. Un po’ come lo dicono i cinque di Riccione, in arte Nobraino, nel loro Disco d’Oro. E si, perché questa strana storia avrebbe un senso se bagnata in qualche metallo nobile, e non sarebbe semplice esistenza.

La favola dell’ultimo lavoro dei Nobraino è una favola d’oro. Ha una spessa copertura laminata con crepe a vista, luminosa quanto un sorriso sornione beffardo, un po’ perdente. E’ una favola italiana, fatta di clichè, dalle feste dei ragazzi ‘bene’ da Lulù "Cani E Porci", agli amori effimeri e velleitari di bagnini e tedesche in vacanza "Bademeister", toccando le beghe della quotidianità, come lo può essere il vicino che parcheggia su di un passo carraio "Il Mio Vicino". E se ogni pezzo scorre come una didascalia, un negativo, uno spezzone di vita e coralità, la voce è sempre la stessa, è sempre Lorenzo Kruger che in mille corpi riporta la sua anima irrequieta e smascheratrice, capace di dar vita ad un racconto teatrale, pieno e sentito. Kruger è a metà tra un dannato (e meno realista) De Andrè; a volte suona come un italiano Kapranos , come ne Record Del Mondo. Il suo è un flusso di coscienza che guida 41 minuti di surrealismi, lo stesso che appare nel quasi un minuto di un’ipotetica telefonata in Bunker: una nebulosa di concetti mai completi o correnti, che finisce ineluttabilmente ‘nella cassetta delle lettere, solo pubblicità e bollette’.

Quello che rimane è un affresco feroce e volubile di caratteri che si confondono e nascono l’un nell’altro, e fanno storia a parte. E’ una storia, una favola di piccolezze e bassezze (‘Voglio fare il record del mondo di chi sta più bene’) che attanagliano le povere anime come dubbi amletici. E poi perché la storia, quella vera, ‘passa e ci guarda, muta e impotente, dai polmoni bucati dagli spari di tutte le guerre’. E se i Nobraino sono la coscienza, sporca e un po’ viziosa di questo mondo che segue le sue logiche, trascinandosi nella caduta di un lucifero capriccioso e velleitario, un senso di perdita, di mancanza viene sempre a galla. Un po’ come con imprendibili muse che ‘con i miei dischi italiani, (..) inseguivo ma non ci ballavo mai’.’

Devo andarmene davvero, devo estinguermi così’ pare la nota finale di una storia la cui sorpresa finale vuol essere taciuta. E’ una farsa? E’ vera? E’ solo esistenza? Chi può dirlo. Quello umano è un teatrino come pochi, che vuol mettere coscienze contro contingenze, portando allo spreco umano. Ma come avrebbe detto il nostro francese, il tempo è troppo vasto, e non si lascia riempire – e tutto ciò che vi rimane "s’ammolisce e si stira", senza cedere del tutto. E del resto, chi non muore si rivede da Lulù.

Voto: ◆◆◆◆◇
Label: MArteLabel


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