sabato 31 marzo 2012

Chambers - La mano sinistra (Recensione)

“La mano sinistra” non è solo il nuovo disco dei Chambers ma un'altra vittoriona di quelle tipiche di To lose la track. Il gruppo toscano questa volta ci scaglia addosso delle novità rispetto al precedente album: il passaggio dall’inglese all’italiano (che tanto ci allieta), la sensibile riduzione dello screamo e un sound del tuttorivisitato nella riuscita fusione di generi e attitudini (Post-hc /post-rock/screamo/cosemoltobelle).
Addentrandoci nell'ascolto, alla prima traccia potrebbero quasi venire in mente i Tool e qualche traccia di sludge, il tutto unito ad indefinibili sonorità d'altro genere. Saltano subito all’occhio i giochi di parole dei titoli delle tracce, segno di creatività che si riflette immediatamente sul disco. Le tematiche, come anche le liriche, sono sicuramentetra i punti di spessore della band. In questo album c’è la consapevolezza di essere schiavi di certi tipi di comodità e non avere più il tempo per niente, nemmeno per delle fiere in agosto. C’èun’ aspra critica al turismo (“Il turismo è la forma compiuta della guerra") in quella "200 metri d'Orso" nellaquale i Chambers inseriscono anche una parte parlata a spiazzar l'ascoltatore.Più ci si addentra nell'opera più i suoni sembrano farsi ruvidi, riecheggiano nel petto e al contempo prendono aggressività e si rendono fluidi. I testi seguono di pari passo questa spirale di eventi (“Puoi girare armato e dirci che sei forte, puoi aver deciso di non bussare a certe porte. Puoi voltarti e fare finta che sia giusto così, a perdere. Anche un piromane guarda in tv le previsioni del tempo,anche un piromane dipende dal sole e dal vento”). A metà strada verso questa sostanziale ricerca del proprio io troviamo forse il punto più alto del disco (“Cemento mori / orti di fame) che abbraccia rimpianti e romanticismo (“Ho preso in braccio un pugno di colori e sono andato da solo, volevo regalarti un paio di stagioni ma il nostro albero nonc’era più. Non basta il sole per riscaldare un inverno.”) e prosegue scivolando nell’oscurità. Le ultime due tracce rivelano l’abbandono di se stessi (“per poter credere di saper tornare indietro”) e interrogativi sull’essere umano, non più in grado di fuggire, di sapersi imporre (“fiumi in pena”) ma che riesce comunque a mietere vittime (“branchi di nebbia”). Giunti alla fine, solo in fondo, emerge come la musica sia in grado di sovrastare tutte queste delusioni e incompletezze (anche politiche) e fors’anche rendere questo posto migliore.

Un disco assolutamente da avere, da ascoltare nelle giornate in cui il vento batte forte sulle finestre o guidando veloce durante un temporale. Ritrovare la natura con un disco non è mai stato così semplice. Scaricalo qui.

Gli alberi hanno imparato ad ammalarsi, a scavarsi il vuoto dentro ed abbandonarsi

Voto: ◆◆◆
Label: To lose la track e Shove Records



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