martedì 7 febbraio 2012

Ephimera – Shhh (Recensione)

Ephimera – ShhhEphimera è un tarlo che rosicchia l’anima, Ephimera è l’urlo che ti sfonda i pensieri, Ephimera è la lussuria di un suono nero che ti mastica senza assaporarti. “Ephimera” è la nuova espressione sonica che arriva da Avellino, quattro musicisti a testa in giù, vocazionalmente dediti al riverbero dei grandi toni, stoner nel sangue e con un’aura “maledetta” che lingua e sbava per tutto lo scheletro della tracklist; il quartetto imbraccia la strumentazione come una sequenza di bombarde da fare esplodere in un attimo, secondo la loro volontà a destrutturare la minima quadratura d’esplicita dolcezza. “Shhh” è un album con gli attributi, come se ne sentono pochi in giro e che rimarca la grande riscossa amplificata che da Sud arriva per detonare nel resto d’Italia tutta l’urgenza di un disagio, mal di vivere di tutte quelle cose che entrano in simbiosi col nulla, che penetrano corpi che ballano senza freni inibitori musiche e nenie prodotte da intelligenze artificiali, cervelli imbevuti di bibende velenose e violenze psicologiche; cinque tracce, cinque diamanti ossessivi che tagliano e gestiscono un pugno di minuti con i controcazzi, disposti a disegnare una tregua armata di fredda dolcezza amara unicamente tra le spire trattate di “Fame” e le evoluzioni aperte dove i miraggi acidi di lontani Soon e Disciplinata vengono immortalati tra le note della stupenda “Neutrale espressione”. Il resto è un fenomenale tiro di basso pesante, ricamatorio, che in un certo senso detta legge alla struttura, che fa da architrave alle linee chitarristiche abrasive e Pumpkinsiane “Shh”, prese dalla loro foga di distruzione sistematica fino a spostare più in la i confini centrifugali della loro potenza di pensiero, abbordando con una storta maestà poetica gli stimoli stroboscopici di “Capitan spavento” per arrivare all’intreccio possente di “Chasseurs de vieux”, impeto e dolore dentro, estasi e tormento che battono come stantuffi di un cuore elefantiaco, come invocazioni deformate che tentano di resistere alle seduzioni di un malessere sussurrato e disanimato. Nervosissima e magnifica è la “cassa armonica” che il quartetto campano, Sara Iarrobino voce e chitarra/ Serena Petricelli chitarra/ Eleonora Balaceanu basso e Gianluca De Gisi batteria, innesca senza reticenze, rabbia e poesia in un amplesso completo e non protetto di psicotica bellezza. Shhh, ascoltatelo senza far rumore, perché a farlo ci pensano loro.


Voto: ◆◆◆
Autoproduzione

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